El Pibe de Oro

«Se fossi a un matrimonio con un vestito bianco e all’improvviso piovesse giù un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci.»
Esattamente un Anno Fa’, il 25 Novembre 2020, all’età di 60 anni si è spento Diego Armando Maradona …… Soprannominato ….”El Pibe de Oro” (“Il Ragazzo d’Oro”), considerato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, ….se non il Migliore.
Condivide con Pelé il premio ufficiale FIFA come Miglior Giocatore del XX Secolo.
Tra le tante giocate che lo contraddistinguono è d’obbligo ricordare quella della partita tra Argentina ed Inghilterra, nei quarti di finale della Coppa del Mondo di Messico 1986 e più precisamente il 22 Giugno allo stadio Azteca di Città del Messico, cinque minuti dopo l’altro famoso e controverso episodio con cui ha anche tanto fatto parlare di se…. quello della “Mano de Dios”.
A nove minuti dall’inizio del secondo tempo, Héctor Enrique passò la palla a Maradona circa dieci metri all’interno della propria metà campo. Il fantasista e capitano dell’Albiceleste iniziò quindi una corsa di 60 metri in 10 secondi, diritto verso la porta Inglese, lasciandosi alle spalle, con soli circa dodici tocchi, cinque giocatori avversari (Hoddle, Reid, Sansom, Butcher e Fenwic) per poi dribblare anche il portiere Shilton, prima di depositare in rete il pallone del parziale 2-0.
Successivamente, Lineker accorciò le distanze segnando 25 minuti dopo, ma gli Inglesi non riuscirono a pareggiare e l’Argentina vinse per 2-1, qualificandosi per la semifinale del torneo. 
In quell’anno, la squadra sudamericana, conquisterà, il primo posto del Campionato del Mondo per la seconda volta nella sua storia.
In memoria di questo evento, in seguito, fuori dallo stadio, fu eretta una statua di Maradona per immortalare e ricordare la Fantastica azione. Il Campione, in una successiva intervista dichiarerà che non avrebbe potuto segnare un gol così bello se non avesse giocato contro l’onesta Squadra Inglese, che non lo stese con eventuali, scorretti falli, come avrebbe fatto la maggior parte delle altre difese. Segnò il Goal del secolo (noto altresì come il Più Bel goal nella storia della Coppa del Mondo FIFA). Un magnifico goal, come vi dicevo prima, dopo solo tre minuti da quello in precedenza segnato con la mano,…. Si, proprio con la mano,….. un guizzo talmente veloce che ne l’arbitro, ne i suoi assistenti, riuscirono ad accorgersi che per svettare di testa sul portiere in uscita, accosto la mano al capo ed accompagnò la palla in rete.  Da qui gli fu poi attribuito anche il soprannome della ” Mano de Dios”. Il voto per la seconda segnatura, fu deciso da un sondaggio sul sito internet della FIFA durante il periodo della Coppa del Mondo FIFA 2002.
In una sua successiva intervista dichiarò che già nel 1979, all’età di 19 anni, sempre contro l’Inghilterra, nello stadio di Wembley, considerato “La Cattedrale Del Calcio”, aveva tentato di segnare quasi allo stesso modo ma in quella occasione, arrivato davanti al portiere Ray Clemence, di esterno sinistro, cercò il secondo palo facendo uscire la palla di pochi centimetri.
Sempre nella stessa intervista ricorda che tornato a casa il fratello più piccolo gli rimproverò di non aver dribblato il portiere, pur avendo a disposizione tutto lo spazio per farlo. Così nel 1986, ricordando quel rimprovero esegui l’Azione come prevedeva in un suo Sogno: “Segnare un goal indimenticabile in un Campionato del Mondo”.
Ci riuscì! Fin da piccolo aveva sognato, di giocare e vincere un campionato del Mondo con la Sua Argentina che da lì a pochi giorni si realizzerà e con quella giocata aggiunse anche un ulteriore, indelebile, ricordo che per Sempre farà parlare di Lui.
Migliaia di Giocate e goal Eccezionali hanno contraddistinto la sua carriera da calciatore. Un vero Campione, un trascinatore che col suo entusiasmo e divertimento portò una squadra umile, fin all’ora, come il Napoli, a vincere nel giro di tre anni due scudetti ed una Coppa UEFA.
Una squadra di persone Normali che con Lui in campo seppero diventare un collettivo grintoso ed esemplare.
Molti furono chiamati in Nazionale e continuarono per anni a farne parte, crescendo con Lui e Le sue Giocate.
Un Mito del Pallone! Capace di palleggiare per ore anche con una semplice arancia.
Il 5 Luglio 1984, una data storica: Maradona sbarca a Napoli. È l’arrivo del Messia del Calcio, colui che porterà lo Scudetto nel Golfo. Uno stadio intero solo per Lui, in trepidante attesa. Un Sorriso, come un lampo di Gioia, s’è fermato sulla faccia della città. Un grido, per troppo tempo soffocato nella gola del Vesuvio, quel giorno s’è liberato, ininterrotto e assordante, a dar corpo ad un impeto di irrefrenabile felicità.
Tutto per un Calciatore, reduce da un Lungo Infortunio, acquistato dal Barcellona, che lo dichiarava ormai un Giocatore Finito.
Ma gli anni che seguirono dimostrarono il contrario.
Il 3 novembre 1985, alla nona di campionato, la Juventus di Trapattoni, capace di infilare 8 vittorie su 8 nelle precedenti giornate, fa visita al Napoli. Il campo, pesante, non favorisce certo grandi giocate, ma Diego sembra comunque in grado di danzare tra gli avversari. Che, come gli capitava spesso, devono ricorrere al fallo per fermarlo. Succede anche al minuto 72, quando il signor Redini di Pisa assegna una punizione a due in area. La palla, viene posizionata all’altezza del dischetto, precisamente a circa 10-12 metri spostato verso la destra di chi attacca.
La porta è vicina ed in questi casi può anche essere uno svantaggio. Tacconi ne piazza 6 in barriera alla sua sinistra, praticamente non esiste spiraglio da cui far passare il pallone. L’unica soluzione sarebbe scavalcare il muro, se non fosse che è decisamente troppo vicino. Infatti la Barriera viene posizionata a soli 5 metri dal pallone, non considerando, in questa occasione, i 9 e 15 previsti dal regolamento. Impossibile provare a calciare in quelle condizioni, come potrebbe il pallone impennarsi e ricadere giù all’improvviso con così pochi metri a disposizione?
In effetti, a volerla analizzare da un punto di vista “scientifico”, non c’erano proprio le condizioni perché quel pallone superasse la barriera, figuriamoci entrare in rete.
La punizione di Maradona è stata davvero oggetto di studio, perché così come si vocifera, stando alla fisica il calabrone non potrebbe volare e bla bla bla, cosi quel pallone calciato da Diego non sarebbe mai potuto entrare in porta, con quelle condizioni e stando a quei parametri. Ma, come si dice in questi casi, “Maradona non lo sa”, ed il pallone entrò lo stesso.
Torniamo alla scena: I giocatori del Napoli fanno notare a più riprese all’arbitro che non c’è la distanza regolamentare tra la palla e la barriera juventina, ma Redini non ne vuole sapere. Si perde un minuto buono in chiacchiere e discussioni, finché non prende la parola Maradona  e mette tutti d’accordo dicendo: “Non fa niente, tiro lo stesso. Tanto gli faccio goal comunque”.
“Come?”, insiste Pecci, suo compagno di squadra, il quale, miscredente, quella palla, non gliela voleva nemmeno toccare. “Ma come fai a calciare da qui? Come fai?”, gli ripeteva sul punto di battuta. Ma sono anche imprese del genere ad alimentare il mito di Maradona e della sua punizione “impossibile”, quella che stravolse le leggi della fisica, come spesso si scrisse, forse anche banalmente.
Il dialogo continua:
Come? ….Con una carezza.
“Passamela un pochino indietro”, gli chiede Maradona a Pecci.
Diego,  fa due passi e sembra sfiorare appena la sfera. Sì, non la calcia, perché lui la palla non l’ha mai maltrattata: la coccola con l’interno del piede, batte quasi “di taglio”, dosando la forza, calcolando peso, gravità, pressione,  resistenza dell’aria e forse anche la temperatura. In pratica risolve in una frazione di secondo un’equazione senza aver mai aperto un libro di fisica in vita sua.
La palla si alza, passa non si sa da dove, perché nel frattempo dalla barriera della Juventus provano a staccarsi Cabrini e Scirea che nel momento dell’impatto arrivano praticamente a sbranare lo scarpino di Diego a soli 30 centimetri. La stessa supera il muro bianconero posto a 5 metri e poi conclude la parabola scendendo in porta, appena sotto la traversa, nell’angolino che Tacconi pensava fosse impossibile da raggiungere. Pecci, autore “dell’assist”, resta di sasso e spiritosamente rivendicherà ogni rievocazione di quel pomeriggio.
Una parabola magica con cui El Pibe de Oro riuscì a battere la Juventus e si guadagnò la consacrazione definitiva come fenomeno del calcio Italiano e Mondiale. In quella partita ci fu inevitabilmente il passaggio generazionale tra Lui e Michel Platini.
La ” Punizione Divina” l’hanno definita in tanti, quella che ha segnato un’epoca, quella che ha identificato un calciatore, un Campione, l’Essenza del Calcio. E proprio la Juventus, la squadra che ha subito quel meraviglioso gol, eterna rivale del Napoli, con quella prodezza ha voluto ricordare Diego Armando Maradona nel giorno della sua Morte.
Quindi:
“La differenza tra il genio e il ricco di talento è che il secondo realizza alla perfezione quello che è già stato inventato, mentre il genio inventa cose che non esistono. Un ricco di talento risolve cose difficili da risolvere e può farlo in modo brillante. Il genio risolve quello che non può essere risolto. Perciò Maradona è stato un permanente generatore di sorprese, uno straordinario artefice dell’insperato, del diverso”.
Arrivati a questo punto, Ancora, Migliaia e Migliaia, di altre giocate si possono ricordare per celebrare un così Grande Campione e sicuramente avrò altre occasioni per raccontarne altre, nell’attesa di quelle, Ringraziamo la Sua Anima per i Brividi e le Emozioni che ancora ci fa Vivere nel parlarne.

El Pibe de Oroultima modifica: 2021-11-25T06:37:58+01:00da dolce-remi1
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